Biliardo e geometria

“Toc… stung… stung… stung… tac… frrrrrrr… è un suono, musica!” così recitava in un vecchio fi lm “Io, Chiara e lo Scuro” il protagonista Francesco Nuti, mentre racconta il gioco del biliardo alla splendida Giuliana De Sio. Quanti sono rimasti impressionati dall’abilità di Francesco, detto “il Toscano”, e del pluricampione Marcello Lotti, detto “lo Scuro”? Fascino e mistero hanno da sempre caratterizzato l’attenzione degli appassionati del gioco del biliardo ed in generale dei cultori delle geometrie: “Come ha fatto?! Sembra incredibile la precisione con la quale è uscito brillantemente da quella situazione ostica di gioco!”. Facce sorprese ed estasiate, quasi fosse un gioco di prestigio, una magia. Attorno a questo alone di mistero, in realtà, si celano delle regole geometriche ben defi nite, che gettano le basi per la comprensione dei fenomeni più o meno complessi che si verificano all’interno del tavolo verde. Da sempre appassionato, ho deciso, da circa venti anni, di studiare tali fenomeni applicando il metodo scientifico tramandatoci da Galileo Galilei: osservare i fenomeni attraverso la sperimentazione, raccogliere le informazioni, estrapolare le regole di base. Ho cominciato così ad effettuare prove su prove ed a popolare i miei database di numerose informazioni, servendomi come unità di misura per identificare queste traiettorie di particolari punti di riferimento denominati diamanti, che per convenzione internazionale vengono marcati ad apposite distanze sulla parte in legno delle sponde di ogni biliardo delle diverse specialità: pool, carambola, birilli e boccette. I diamanti permettono di intercettare ed individuare le traiettorie. In linea di principio, muovendo una biglia lungo una qualsiasi diagonale primaria, all’ impatto con la prima sponda si determina un percorso secondario, subordinato, ben defi nito, relativo alla risposta della biglia con le successive sponde. Ogni punto di questo percorso rappresenta un potenziale arrivo della traiettoria madre di partenza. Tra le tante ipotesi da fare è cercare di capire cosa pone in relazione queste traiettorie primarie rispetto ad un medesimo arrivo. Ad esempio ci si potrebbe domandare come sia possibile indirizzare una biglia da qualunque posizione di partenza verso l’angolo opposto (punto di arrivo posto all’ intersezione delle sponde). Analizzando graficamente le possibili traiettorie ci si rende conto che le traiettorie convergono in maniera più o meno accentuata verso un punto esterno al biliardo, un centro di convergenza. Tale punto esterno rappresenta sostanzialmente il riferimento astratto verso cui indirizzare una biglia, al fi ne poi di determinare la traiettoria secondaria che termina nell’ arrivo desiderato. Il principio di punto o centro di convergenza (abbreviato, PC) può essere traslato concettualmente a tutti gli arrivi nel tavolo da biliardo, ottenendo quindi una mappatura esterna al biliardo di centri di convergenza. Estendendo quindi il concetto alla molteplicità dello spazio esterno nasce il bisogno di ricercare quanti più punti possibili esterni al biliardo stabilendo le correlazioni di arrivo, e la conseguente necessità di ordinarli e raggrupparli in base alle modalità di esecuzione più pratiche del gioco del biliardo. Si ottengono così zone o insiemi di punti di convergenza 34 per esecuzioni di una, due, tre, o molteplici sponde. Il passo successivo è cercare di confrontare le traiettorie reali con quelle ideali-geometriche, o in altre parole i centri di convergenza pratici con quelli geometrici. Se non corrispondenti, i loro scostamenti potrebbero informarci circa i fenomeni fisici (quali rotazionali dovuti ad attriti volventi e radenti delle biglie rispetto al piano di gioco e lungo le sponde stesse) che “alterano” le traiettorie puramente geometriche. Non dovrebbe stupirci una situazione del genere dal momento che il biliardo è un sistema fisico. Pertanto le biglie sono oggetti materiali, soggette alle consuete leggi della fisica classica newtoniana.
Studi condotti attraverso una fotocamera ad alta frequenza di fotogrammi (fino a 10.000 fps) dal PhD David Alciatore, professore associato della facoltà di ingegneria della Colorado State University, evidenziano il comportamento di una biglia che colpisce la sponda di un generico biliardo, costituita da un particolare tipo di gomma elastica a profilo triangolare ricoperta da tessuto. All’impatto è possibile osservare la deformazione della sponda che, inarcandosi, accoglie un’intera porzione della biglia. In tal modo la biglia ruota attorno a tale superficie di contatto per essere successivamente riflessa nel piano di gioco.
Questa dinamica ci permette di affermare che la biglia non viene respinta con un’angolazione perfettamente speculare all’angolo d’incidenza (salvo nei casi limite di impatti perfettamente perpendicolari o perfettamente paralleli) (Figura 2). Inoltre, negli istanti immediatamente successivi all’uscita, la biglia sviluppa sul piano di gioco le rotazioni verticali acquisite lungo il tragitto che comportano una deviazione di traiettoria. Si comprende in tal modo perché il PCi ed il PCe non possano coincidere: l’urto anelastico sulla sponda e le rotazioni di sviluppo della biglia deviano la traiettoria effettiva a dispetto di quella puramente geometrica. Un PCe è soggetto anche a determinate condizioni o parametri. Variazioni di forza alterano leggermente il PCe, così come variazioni di effetti verticali o laterali impartiti alla biglia. In un sistema fisico non tutti i PCe consentono di rappresentare stabilmente un arrivo. Parliamo quindi di PCe potenti e di PCe deboli. Nel gioco ci affideremo decisamente alla ricerca di quei parametri che rendono un PCe quanto più forte possibile. Nell’esecuzione del tiro 3sponde ad esempio l’utilizzo dell’effetto impartito alla biglia battente stabilizza maggiormente un PCe, rendendolo in questo modo forte. Questo è il motivo per cui questa tipologia di esecuzione ha più probabilità di riuscita qualora venga affrontata con effetto laterale, piuttosto che senza effetto. In questo caso parliamo di effetto a favore, cioè di una rotazione laterale che “aiuta” la biglia a ruotare attorno alla sponda. Quindi per un’esecuzione da destra verso sinistra l’effetto a favore è dato a sinistra della biglia. Sostanzialmente l’utilizzo dell’effetto sulla biglia battente bilancia e stabilizza la traiettoria secondaria successivamente alla prima sponda, intervenendo positivamente nelle traiettorie frontali ed in misura minore in quelle laterali dove la biglia tende ad allargarsi per i sopracitati fenomeni di “scivolamento” postsponda. La risultante globale è appunto una traiettoria più stabile. Rimanendo in tema di 3sponde vediamo come nasce un sistema di riferimento. Inquadrando la forza del tiro entro un certo intervallo di possibilità, valutiamo quale effetto impartito rende più stabile un PCe, relativo all’arrivo desiderato. Dagli studi che ho condotto ho potuto dedurre che la quota di taglio migliore da utilizzare potrebbe essere quella del taglio laterale massimo all’equatore. Purtroppo però tale effetto non è sempre di facile applicazione, e risente soprattutto della vicinanza della biglia battente alla prima sponda.
In definitiva, ai fini pratici, la quota migliore è risultata essere quella dei 2/3 di effetto a favore che individua un giusto compromesso tra angolazioni di entrata e spinta del tiro. Ponendo come obiettivo di arrivo i punti sulla sponda lunga (quella opposta alla sponda lunga di mira) osserviamo che i PCe si intercettano lungo un asse esterno al biliardo, grossomodo parallelo a tale sponda. Con questa operazione abbiamo raggruppato in base ai parametri di una forza (moderata) e taglio (2/3 a favore) i PCe in una zona precisa dello spazio. Questi PCe rappresentano l’insieme dei punti di convergenza per indirizzare la biglia battente nel corrispettivo arrivo (Figura 3). L’operazione successiva è sviluppare un sistema di riferimento (algebrico, geometrico o mnemonico) capace di farci “visualizzare” i PCe che per definizione sono puramente virtuali. A tale riguardo ci vengono in soccorso quei marcatori di cui abbiamo accennato nell’introduzione dell’articolo, detti diamanti, che sono disegnati lungo la parte in legno delle sponde. In pratica rendiamo i diamanti il mezzo di riferimento,
quasi coordinate cartesiane attraverso cui individuare i PCe esterni al biliardo: il prolungamento di una traiettoria che passa attraverso due diamanti intercetterà sicuramente un PCe. Dopo aver sviluppato tale teoria in maniera matematica, mi sono dedicato allo studio di un sistema privo di operazioni algebriche, che si è dimostrato più redditizio ai fini pratici poiché elimina i calcoli puramente matematici e mantiene fresche le energie mentali necessarie per il resto. La tecnica più brillante e se vogliamo anche più affascinante ed universale è di stabilire una diagonale di riferimento per ogni arrivo e determinare il suo coefficiente di convergenza. Lo sviluppo matematico di un PC potente rispecchia una dinamica ad andamento lineare, ed all’interno di un piano cartesiano è rappresentabile da un’equazione lineare, di primo grado. In altre parole, da un qualsiasi punto del biliardo è possibile, estrapolando una sola diagonale di riferimento che intercetti ogni PCe, ricavare tutte le altre traiettorie attraverso il predefinito coefficiente di convergenza (CC%, valore espresso in percentuale). Poiché la relazione di profondità tra la diagonale di riferimento è in rapporto di 1 a 2, possiamo fissare il coefficiente di convergenza ad un 50%. L’SMG (acronimo di Sistema Margutti Geometrico) dice che per intercettare tali PC da qualsiasi posizione del biliardo basta congiungere il punto mediano (CC50%) tra il centro della biglia battente e l’origine della diagonale di riferimento, e traguardare il vertice del riferimento di mira. Tornando sulla biglia battente con uno spostamento perfettamente parallelo, tale traiettoria ci permetterà di individuare la diagonale convergente verso il PCe desiderato. Poiché i PCe del 3sponde si trovano perfettamente paralleli rispetto alla sponda lunga di mira, fissando un’origine comune per ogni diagonale di riferimento il CC rimane costante al 50%. In altre parole, memorizzando le diagonali di riferimento da un’origine comune e relative al corrispettivo punto di arrivo, grazie ad una predeterminata convergenza (in questo caso del 50%), possiamo ricavare la corretta diagonale che indirizza la biglia verso il relativo arrivo da qualsiasi punto di partenza del biliardo. (Figura 4) Estendendo il concetto a tutti gli altri arrivi nel biliardo otteniamo un sistema predittivo perfetto, che permette di elaborare qualsiasi esecuzione, valutando la potenza dei PCe, variando semplicemente i riferimenti di Partenza, di Mira ed relativo CC%. Grazie a tali studi ho potuto anche dimostrare l’inadeguatezza dei sistemi di riferimento finora in circolazione, primo fra tutti quello che viene denominato “Angolo50”, e purtroppo ancor oggi accettato ed adottato dalla maggior parte dei giocatori internazionali. In origine denominato “sistema diamante”, poiché fu, nei primi anni del ‘900, la pietra miliare dell’utilizzo dei diamanti come tecnica di riferimento, si basa su una relazione algebricamente non corretta. Confrontando le diagonali ricavate attraverso l’SMG e l’Angolo50 si ottengono quelle discrepanze che il secondo sistema deve necessariamente accomodare con dei mezzi di compensazione (in punti di diagonale o variazione di quantità di effetto). Sinceramente, nascendo come tecnica empirica, priva di un fondamento logico, era anche difficile la comprensione degli errori. Negli ultimi anni invece molti appassionati e cultori del gioco del biliardo stanno rivalutando tali metodologie pseudopredittive a favore di sistemi più concreti e dimostrabili. Il gioco del biliardo nel corso degli anni sta conquistando l’attenzione di tantissimi appassionati, grazie anche al contributo di persone qualificate che dedicano tempo ai fini di una ricerca più scientifica. In Italia mi piace ricordare Ruggero Winkler Crotti, il Dr. Girolamo Sansosti e l’Ing. Aldo Mancini, e Maurizio Cavalli, redattore di diverse riviste del settore. È sicuramente grazie ai loro sforzi ed a quello di tanti altri promotori internazionali che il biliardo sta facendo passi da gigante.
Il biliardo e l’insegnamento della geometria Su come il gioco del biliardo possa essere un fertile esempio e “strumento” per insegnare la geometria, il professor Luigi La Gatta dice e consiglia: “Ero ai primi anni del Liceo Scientifico C. Colombo di Marigliano (Na), quando un mio compagno di scuola mi avvicinò al gioco del biliardo, insegnandomi non solo come impugnare una stecca, ma anche trucchi, sponde, tiri ed udite udite: la geometria; si avete capito bene, la geometria. Un noto politico direbbe: ma che ci azzecca la geometria con il biliardo? E invece c’entra e come! Infatti si parla di teoria del triangolo isoscele. Per anni sono stato, e lo sono tutt’ora, un dilettante della stecca, ma un bel dì facendo zapping sulla TV, mi soffermo su una partita di biliardo, in cui le traiettorie delle palline formano dei triangoli isosceli. E fu a quel punto che si accese la famosa lampadina. In quel tempo ero docente, (lo sono tutt’ora), di Matematica al 1° anno del Liceo Scientifico presso il collegio dei Gesuiti di Napoli Istituto Pontano e mi accingevo a illustrare ai miei studenti le proprietà dei triangoli ed in particolare dei triangoli isosceli. Allora mi è venuta l’idea di ‘indorare la pillola’ utilizzando il biliardo nella didattica della matematica. I ragazzi di oggi sono così tecnologici ma poco inclini allo studio della matematica ed in particolare della geometria. La geometria è poco amata, dai discenti dei primi anni del liceo, perché richiede logica, abnegazione, sacrificio, concentrazione, rigore, studio metodico e non superficiale; non è un caso se un famoso filosofo dell’antichità scrisse: “Non entri sotto questo tetto chi non conosce la geometria”. L’idea era quella di coniugare il gioco del biliardo con lo studio della geometria, di mescolare sacro e profano. Martin Gardner, il decano dei divulgatori di matematica, presentando una raccolta di saggi, ha insistito sul valore del divertimento nell’insegnamento della matematica con queste parole: “Un insegnante di matematica, indipendentemente da quanto ami la sua materia e da quanto vigore metta nel suo desiderio di comunicarla, deve sempre affrontare una difficoltà soverchiante: come tenere svegli gli studenti. Mi è sempre sembrato che il modo migliore per rendere interessante la matematica agli studenti e ai profani sia quello di accostarvisi con uno spirito giocoso. Sta di fatto che il miglior modo di tener sveglio uno studente è presentargli giochi matematici interessanti, enigmi, trucchi, battute, paradossi, modelli, o una qualsiasi delle centinaia di cose che gli insegnanti ottusi tendono a evitare perché paiono loro frivole”. Decisi allora di seguire il consiglio di Gardner, e novello Cristoforo Colombo, mi inoltrai a vele spiegate nel mare di Internet, alla ricerca di informazioni più dettagliate di questo sport scoprendo, o meglio riscoprendo, che la geometria è parte integrante del biliardo. Ho avuto modo così, di esaminare una vasta letteratura sul gioco del biliardo e delle sue applicazioni in matematica e fisica. Un esempio per tutti può essere il proporre dei problemi di gioco prima di introdurre le isometrie, e non semplicemente definirle e descriverle, come quello che si presenta nel gioco del biliardo, quando si vuole che la biglia colpita segua un certo percorso. La ricaduta di tale gioco nella didattica quotidiana della geometria euclidea è stata più che positiva, per cui consiglio di comprare un bel biliardo e di metterlo in un’aula della scuola avendo cura di apporre la scritta laboratorio di geometria (sala biliardo) e se i vostri studenti sbuffano al solo udir parole quali: angoli, bisettrici, altezze, mediane, ecc… portateli in sala biliardo. Ai miei colleghi inoltre dico: non adiratevi se i vostri studenti affermano che barba che noia, che barba che noia, ma ricordate: calma e gesso!”.